1 Calle Mexico
2 Spanish tinge
3 Rue St-Denis
4 Solis 2023
5 S.Germain
6 San Telmo
7 Club mediterranee
8 Zahara
9 Cuartel V
10 neve sulla pianura
Tutti i brani di Fabio Turchetti
Formazione
Cristòphe Jodorowsky, pianoforte
Fabio Turchetti, bandoneòn
Produzione
Fabio Turchetti per il cpc, 2013
Registrato allo studio Matatigre nel 2011 e 2012
Mixato e masterizzato da Cristian Merli allo studio Città della musica(Cr) nel 2012
Arrangiamenti di Cristòphe Jodorowsky e Fabio Turchetti
Cover foto di Silvana Bernabè
Libretto
Calle Mexico è un strada del quartiere di San Telmo a Buenos Aires. Lì si trova la sede dell’ex biblioteca nazionale, ora adibita a museo etnografico-musicale. Ci sono andato nel 2009 a trovare Ruben, un mio amico che lavora lì. Proprio in quell’edificio, quando era sede della biblioteca nazionale, ha lavorato per tanti anni Luis Borges come direttore. Quando l’ho saputo, ho girato le stanze come se mi muovessi sulle sue tracce. Quei locali, alcuni pieni di vecchi tamburi e strumenti indigeni, mi sono sembrati una sorta di labirinto – giusto per restare a Borges –, un palazzo incantato dove ambientare una storia o un romanzo. Mi sarebbe piaciuto, alla sua maniera, dichiarare di non aver composto io questi pezzi ma di averli trovati come manoscritti nei sotterranei polverosi della sua biblioteca.
Eppure questi spartiti hanno davvero un qualcosa di ritrovato. Alcuni sono stati registrati alla siae nei primi anni ’80: Spanish tinge, Club Mediterranee sono tra i miei primi vagiti strumentali, li ho composti prima ancora di imparare a suonare (tanto che avevo chiesto a Luca Flores la gentilezza di suonarmeli al piano per sentire che effetto facevano). Altri sono molto recenti, alcuni non sono stati ancora nemmeno depositati.
Hanno tutti in comune una sorta di attrazione per la musica latina (il tango, la rumba, la bossa, ecc.) che ho da sempre mischiato col gusto per il jazz, l’improvvisazione, il blues sudista, quello di Congo Square con lo spanish tinge appunto.
Ritovarsi dopo tanti anni a suonare questi pezzi col bandoneòn, uno strumento di cui, quando li ho scritti, nemmeno conoscevo l’esistenza, il suono della nostalgia e della lontananza per eccellenza, ha in effetti il sapore di una storia particolare, un effetto labirinto alla Escher dove eternamente si incomincia a salire una scala da cui si sta scendendo.
È così che mi piace pensarli: un lavoro mai finito, un’interpretazione mai definitiva, una prospettiva che cambia in continuazione.
Suonare queste conversazioni con Kristof, che è sufficientemente pazzo per buttarsi in un’avventura del genere e uscirne indenne, mi ha fatto sentire perfettamente a mio agio su quella famosa scala da cui si scende e si sale contemporaneamente. Lui ha talento da vendere e si sente, io son condannato a ricominciare da capo ogni volta.