Poco più che cinquantenne, cremonese, Turchetti è musicista vorace, e da alcuni anni anche produttore. Se il suo imprinting musicale è di inequivocabile matrice popolare, il jazz non è certo estraneo alle sue corde: la sua tesi al DAMS verteva proprio sul jazz in Toscana, terra – com’è noto – di quel Luca Flores che è stato fra coloro che hanno interpretato la sua musica (si ascolti in proposito Firenze 1985, che nel 2005 inaugurò appunto le produzioni CPC) e la sua opera prima, Foto di gruppo (1989), lo vedeva affiancato da Roberto Cipelli (cremonese pure lui), Marco Micheli ed Ettore Fioravanti. Assidue sono state anche in seguito le sue frequentazioni jazzistiche.
Il quartetto protagonista di questo Forma e figura, inciso fra luglio e novembre 2009, batte invece tutt’altra bandiera. Lo attraversa una vena che, pur non disdegnando certo la pratica improvvisativa, ha fragranza e humus squisitamente popolari, in un insieme ottimamente coeso, in cui le coloriture timbriche dei vari strumenti mantengono un’assoluta leggibilità anche individuale, preziose e sapidamente evocative.
Tutto ciò emerge già nitidamente dal trittico iniziale, in cui si apprezza, in particolare, la solennità – tratto del resto serpeggiante lungo tutto il disco – vagamente surmaniana (quindi non esente da una certa disincantata epicità) del Venturini baritonista (cui peraltro il clarinettista basso non ha nulla da invidiare), il profumato intersecarsi tra piffero e bandoneon (“Finisterre,” in particolare, ha inflessioni prossime al tango), l’ancestrale, limpidissima affermatività di Satta.
Il resto segue di pari passo, fra l’esplicita cantabilità di “Dormi sotto gli alberi,” il camerismo per così dire atavico del “Volontario,” che procede poi a salti e guizzi anche repentini, così come multidirezionale (e ancor più apprezzabile) è il successivo “Lupi nel vento,” fino al trittico conclusivo, in cui spicca il tema che dà il titolo al CD, elegante e sornione.Alberto Bazzurro su all about jazz