Vent’anni dopo, Turchetti misura la propria identità di compositore nel contesto del jazz manouche, con una formazione idealmente ispirata a Django Reinhardt e allo Hot Club de France. Nei gradevoli insiemi spicca il ruolo dell’armonium, non dissimile in questo ambito da quello di una fisarmonica, il che orienta a tratti le esecuzioni verso lo stile musette. Peraltro, negli aspetti melodici non si trascura l’eredità di Gorni Kramer, mentre i brani cantati sembrano vagamente ricollegarsi a Paolo Conte.
Enzo Boddi, Musica Jazz n. 7 – luglio 2006